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TRUMP VS POWELL
Mentre il mondo parla di dazi e di recessione, noi torniamo su uno degli argomenti preferiti di questo lungo 2025 che ci attende, il mercato immobiliare.
Ma prima diamo un’occhiata a quanto è successo in questi giorni.
Continua il fuoco di sbarramento di Trump contro il braccio destro di Joe Biden, il povero Powell, il quale ha provato ad aiutare il suo superiore tagliando i tassi 3 volte, mentre non ce n’era affatto bisogno, con un’economia in piena espansione e la piena occupazione.
Almeno così raccontavano l’amministrazione Biden e la Federal Reserve.
Molti invocano “tagli preventivi” ai tassi di interesse. Con i costi energetici in forte calo, i prezzi dei generi alimentari (incluso il disastro delle uova di Biden!) sostanzialmente più bassi e la maggior parte delle altre “cose” in calo, l’inflazione è praticamente nulla. Con questi costi in così netto calo, proprio come avevo previsto, non può esserci quasi inflazione, ma può esserci un RALLENTAMENTO dell’economia a meno che il signor “Troppo Tardi”, un grande perdente, non abbassi i tassi di interesse, ORA. L’Europa ha già “abbassato” i tassi sette volte. Powell è sempre stato “Troppo Tardi”, tranne in periodo elettorale, quando abbassò i tassi per aiutare il sonnolento Joe Biden, poi Kamala, a essere eletto. Come ha funzionato?
Propaganda e ovviamente il solito stile.
Di sicuro, sappiamo che il predecessore era ancora più subdolo, nascondendo agli americani la realtà di una recessione strisciante e la verità sull’economia americana.
Su Bloomberg, ci si chiede se Trump potrebbe licenziare Powell.
No ovviamente, se non l’avrebbe già fatto, pochi ricordano che Powell è stato scelto da Trump.
Un presidente non può licenziare facilmente un presidente della Fed, affermano gli esperti di diritto. L’articolo 10 del Federal Reserve Act stabilisce che i membri del Consiglio dei Governatori della Fed, di cui il presidente è uno, possono essere “rimossi per giusta causa dal presidente”. Gli esperti di diritto hanno generalmente interpretato il termine “giusta causa” come grave cattiva condotta o abuso di potere.
Una banca centrale è l’unico istituto al mondo nel quale, uno può fare tutti i disastri che vuole, basta che non sia fraudolento o che abusi del suo potere.
Lo sappiamo, i banchieri centrali, sono medici che sbagliano sistematicamente diagnosi o prevenzione, ma che poi vanno in giro a vantarsi si avere trovato cure miracolose, con soldi stampati dal nulla.
Can Trump fire Powell? Here's how the president can and can't sway the Fed https://t.co/Y8Jn1oPV7H
— Bloomberg (@business) April 21, 2025
Se un presidente possa revocare la presidenza a un governatore è più ambiguo perché la legge non prevede esplicitamente la protezione “per giusta causa” per quel ruolo, ha affermato Peter Conti-Brown, professore e storico della Fed presso la Wharton School dell’Università della Pennsylvania. In ogni caso, grazie alla protezione “per giusta causa” per i governatori, revocare la presidenza a un governatore della Fed di tale titolo potrebbe significare che l’individuo potrebbe rimanere nel consiglio.
Potrebbe anche non rimuovere tale individuo da un’altra posizione di potere: quella di presidente del Federal Open Market Committee, o FOMC, il gruppo decisionale che fissa i tassi di interesse.
Sono i suoi membri, non il presidente, a scegliere chi lo guida.
Il mandato di Powell come presidente scadrà nel 2026, mentre il suo mandato di 14 anni come governatore dovrebbe concludersi nel 2028. Questo offre a Trump una delle due opportunità previste per nominare i membri del consiglio di amministrazione della Fed. Un’altra opportunità è prevista per gennaio 2026, alla scadenza del mandato della governatrice della Fed Adriana Kugler.
Ma queste posizioni rappresentano solo una piccola parte dei 19 responsabili delle politiche della Fed: tutti i governatori della Fed e i presidenti delle 12 banche regionali della Federal Reserve. I presidenti regionali non sono scelti dal presidente, ma dai direttori delle singole banche, previa approvazione del Consiglio dei governatori della Fed.
Non vedo l’ora di osservare le conseguenze di una politica monetaria che continua a tenere i tassi ipotecari vicini al 7 % mentre il mercato immobiliare sta collassando a partire dalla Florida.
E già, Powell vi racconta della resilienza del mercato immobiliare USA, Nick Gerli, ceo di Reventure Consulting, uno che gira ogni angolo della Florida, senza inventarsi favole, suggerisce che sta letteralmente collassando.
The collapse in demand in Miami's housing market is breathtaking.
Sales are down 50% from pandemic peak, and are 30% below the long-term average for March.
There's a narrative building in Florida that somehow Miami won't be impacted by this housing downturn.
And that narrative… pic.twitter.com/JS9iHEfNYb
— Nick Gerli (@nickgerli1) April 19, 2025
Il crollo della domanda nel mercato immobiliare di Miami è impressionante . Le vendite sono diminuite del 50% rispetto al picco della pandemia e del 30% rispetto alla media a lungo termine di marzo. In Florida si sta diffondendo la convinzione che in qualche modo Miami non sarà colpita da questa crisi immobiliare. E questa convinzione è probabilmente sbagliata.
A Miami il numero di case in vendita è salito a 51.000 , il secondo più alto mai registrato.
Secondo Redfin, le case sottoposte a contratto a marzo sono rimaste in media 47 giorni sul mercato, il periodo più lungo per qualsiasi mese di marzo dal 2019.
Nessuno compra, nessuno vuole abbassare i prezzi, auguri!
Un’altra ondata di pignoramenti è in arrivo, ci sono oltre 15 milioni di case vuote invendute, oltre 3 milioni di affitti stagionali che nessuno intende pagare.
Quanto manca prima che il mercato collassi sotto le svendite?
Ma torniamo al dollaro, come avranno visto gli amici di Machiavelli, siamo arrivati vicini all’ultima barriera cinematica per il 2025.
Qualcuno dice che Trump voleva il dollaro debole, lo stanno svalutando.
Persone ignoranti, Trump non può fare nulla, tranne fare quello che stanno facendo in questi giorni, ricordare a tutti che vogliono un dollaro forte, perché se il dollaro crolla, gli americani non mangiano o al limite si mangiano l’inflazione importata.
Per dotti, medici e sapienti, presenti al “non funerale” del dollaro, facciamo un passo indietro al 2017.
Ripeto, 2017!
Le dichiarazioni rilasciate la scorsa settimana dal Presidente Trump sul dollaro e sulla politica monetaria statunitense forniscono un’ulteriore prova del fatto che la politica americana del dollaro forte, avviata nel 1995 dal Segretario al Tesoro Robert Rubin, quando il dollaro era vicino ai minimi del dopoguerra, sta ora cambiando.
Si è cambiata talmente tanto che qualche anno più tardi il dollaro ha raggiunto nuovi massimi.
Peccato che pochi sappiano leggere un grafico, all’interno di normali oscillazioni, dopo aver raggiunto un minimo annuale a 1,01, ci sta questo rimbalzo.
Il dollar index anni fa ha rotto un’importante resistenza.
Quindi, la fine della politica del dollaro forte significherà anche la fine del dollaro forte? Potrebbe avere qualche effetto, soprattutto se incoraggiasse i partner commerciali asiatici degli Stati Uniti a operare con valute generalmente più forti. Ma un forte mercato ribassista per il dollaro richiederebbe alla Federal Reserve di abbandonare il suo piano di inasprimento della politica monetaria. E questo non sembra essere lontanamente all’orizzonte.
2017, un forte mercato ribassista per il dollaro, richiederebbe alla Fed di abbandonare il suo piano di inasprimento della politica monetaria?
Si fumavano cose strane già nel 2017, quelli del Financial Times.
Questo e molto di più è uscito la scorsa settimana, il nostro nuovo appuntamento straordinario con “Machiavelli e i mercanti.” un’edizione straordinaria per aggiornare tutti alla luce dei recenti avvenimenti.
Avremo tempo e modo, di osservare grazie alla cinematica di Puntosella, dove sono diretti dollaro e rendimenti, ma soprattutto come sono messe le banche regionali americane e quelle europee.
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